martedì 28 aprile 2020

Di strani pulviscoli stridono
le pareti, la nuca
intirizzita. Un perdersi occhiuto
per le pietre, le astute siepi di Cuma
– voci d’acqua, di buio, zampe
che frugano in botole d’azzurro -, un
beato non sapere chi
attizza il fuoco, spinge la ruota.
Fuggono gli anni, piste
incrociate, si addensano notizie, anche
le più improbabili, risaltano
ferite da archi e colombari, senza
nome balenano galassie. Nel vuoto
un muoversi, uno scuotersi allarmato.
Cumae: prato e naufragio..