lunedì 23 febbraio 2015

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sabato 7 febbraio 2015


giovedì 5 febbraio 2015

Piazza del Gesù


 di Stelvio Di Spigno
In ricordo di Filippo Viola (1980-2005)
www.leparoleelecose.it
Tutto comincia con un sogno. Non potrebbe essere diversamente. Siamo nella grande spianata della Piana di Montevergine, una vasta estensione di verde sopra la testa del Santuario della Madonna omonima, che mia madre scelse per la sua devozione al momento di battezzarmi. Visto che Stelvio è negletto dai calendari, il nome sarebbe stato Stelvio Bruno, in onore della Madonna Bruna di Montevergine, appunto. Per questo festeggio l’onomastico ogni anno il primo settembre, quando il santuario si riempie di pellegrini da tutto il sud Italia venuti per la festa annuale della Madonna Bruna. Il sogno è questo: la spianata è inondata dal sole, è una giornata di primavera, ma di una primavera all’antica, con l’odore del muschio, dell’erba, dei fiori. Di erba soprattutto. Sulla Piana ci sono le canne, l’erba è alta, a volte arriva fino al torace, a volte non ci si vede per niente. In lontananza si vedono dei ragazzi che giocano a pallavolo, fanno movimenti rapidi, sembrano felici. Ne noto uno soprattutto, sorridente: è il mio amico Filippo Viola, morto nel 2005 a 25 anni. Quando lo seppi, era il 12 dicembre del 2012. Sì, proprio il 12-12-12. Un giorno nefasto: da allora temo le coincidenze dei calendari. Ma in quella giornata così amara per me, tutto potevo immaginare tranne che avrei saputo che il mio solo amico, quello che considero il compagno unico e insostituibile della mia scapigliata giovinezza, fosse morto, e per di più suicida. Erano dieci anni che non lo sentivo. Ho traccheggiato anni prima di chiamare casa sua per avere sue notizie. L’ultima volta che uscimmo insieme era il 2003. Era febbraio. Filippo non amava la gente che si allontanava e poi si rifaceva viva per sapere come va la vita. Meno che mai digeriva quelli che si riavvicinavano per tornare a uscire con lui. Per lui, una volta che un rapporto di amicizia era finito, era finito e basta. Per me, che non l’ho mai dimenticato, proprio perché temevo una sua risposta infastidita o di cortesia fredda e senza slancio, c’è stata l’attesa. Quasi dieci anni di attesa per trovare il coraggio di prendere il cellulare e chiamare casa sua. Non lo avessi mai fatto.
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La vita è fatta di ricordi e di luoghi. Il luogo dove io e Filippo ci incontrammo per la prima volta è Piazza del Gesù Nuovo a Napoli. Era una sera di ottobre del 1998. Io avevo 23 anni, lui 18. Eravamo