sabato 30 aprile 2011

[cita en sueño]


30 aprile 2010 Officina99 - foto Antonio Rusciano
A musica mia che re
a raggia e chi è nato sulo e sulo nun vo restà
a musica mia che re
o tren cu cui se ne gghiut l'ammore ca me secuta sempe aret a me
tu nun o vuò capì

a musica mia che re
a casa addò so nato
e mammema che se 'nvecchia sempre e cchiù
o popolo che se fa fottere ogni juorno e cchiù

a musica mia che re
o specchio addò me guardo e veco chi song io
a voglia pazza e me ncuntrà cu te

tu nun o può capì

a musica mia che re

martedì 19 aprile 2011

lunedì 18 aprile 2011

E aspettammo, aspettammo ca vene
sua eccellenza o padrone e sta vita
sta jucanno cu amice e ce tene
e fernì sempre primma a partita

Oramai me so fatta capace
ca chist'ommo cchiù male me fa
e io cchiù sotto ce sto cchiù me piace
pecchè muorze pe vvase me dà

E si no io me putesse salvà
primma e mo
pecchè nu santo ce sta
ca me pò a stu peccato levà
ca mme vò
fa da soia, e me parla e spusà
Ma io nun so
chella che affetto o pò ddà
e pirciò o cerco sempre e scanzà
Cumme sto
so cundannata a campà
nun se pò st'esistenza cagnà
E aspettammo aspettammo ca vene.
sua eccellenza

domenica 17 aprile 2011

22

Restiamo Umani

A Vittorio Utopia Arrigoni Tentò la fuga in tram verso le sei del mattino dalla bottiglia di orzata dove galleggia Milano non fu difficile seguirlo il poeta della Baggina la sua anima accesa mandava luce di lampadina gli incendiarono il letto sulla strada di Trento riuscì a salvarsi dalla sua barba un pettirosso da combattimento I Polacchi non morirono subito e inginocchiati agli ultimi semafori rifacevano il trucco alle troie di regime lanciate verso il mare i trafficanti di saponette mettevano pancia verso est chi si convertiva nel novanta ne era dispensato nel novantuno la scimmia del quarto Reich ballava la polka sopra il muro e mentre si arrampicava le abbiamo visto tutto il culo la piramide di Cheope volle essere ricostruita in quel giorno di festa masso per masso schiavo per schiavo comunista per comunista La domenica delle salme non si udirono fucilate il gas esilarante presidiava le strade la domenica delle salme si portò via tutti i pensieri e le regine del ''tua culpa'' affollarono i parrucchieri Nell'assolata galera patria il secondo secondino disse a ''Baffi di Sego'' che era il primo -- si può fare domani sul far del mattino – e furono inviati messi fanti cavalli cani ed un somaro ad annunciare l'amputazione della gamba di Renato Curcio il carbonaro il ministro dei temporali in un tripudio di tromboni auspicava democrazia con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni -- voglio vivere in una città dove all'ora dell'aperitivo non ci siano spargimenti di sangue o di detersivo – a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade eravamo gli ultimi cittadini liberi di questa famosa città civile perché avevamo un cannone nel cortile La domenica delle salme nessuno si fece male tutti a seguire il feretro del defunto ideale la domenica delle salme si sentiva cantare -quant'è bella giovinezza non vogliamo più invecchiare – Gli ultimi viandanti si ritirarono nelle catacombe accesero la televisione e ci guardarono cantare per una mezz'oretta poi ci mandarono a cagare -- voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti per l'Amazzonia e per la pecunia nei palastilisti e dai padri Maristi voi avete voci potenti lingue allenate a battere il tamburo voi avevate voci potenti adatte per il vaffanculo — La domenica delle salme gli addetti alla nostalgia accompagnarono tra i flauti il cadavere di Utopia la domenica delle salme fu una domenica come tante il giorno dopo c'erano i segni di una pace terrificante mentre il cuore d'Italia da Palermo ad Aosta si gonfiava in un coro di vibrante protesta

mercoledì 13 aprile 2011

io sono milioni di contraddizioni

Ound

Quello che veramente ami rimane,
il resto è scorie
Quello che veramente ami non ti sarà strappato
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
Il mondo a chi appartiene, a me, a loro
o a nessuno?
Prima venne il visibile, quindi il palpabile
Elisio, sebbene fosse nelle dimore dell’inferno,
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
La formica è un centauro nel suo mondo di draghi.
Strappa da te la vanità, non fu l’uomo
A creare il coraggio, o l’ordine, o la grazia,
Strappa da te la vanità, ti dico strappala
Impara dal mondo verde quale sia il tuo luogo
Nella misura dell’invenzione, o nella vera abilità dell’artefice.
Strappa da te la vanità,
Pasquin strappala!
Il casco verde ha vinto la tua eleganza.
“Dominati, e gli altri ti sopporteranno”
Strappa da te la vanità,
sei un cane bastonato sotto la grandine,
una pica rigonfia in uno spasimo di sole,
Metà nero metà bianco
Né distingui un’ala dalla coda
Strappa da te la vanità
come son meschini i tuoi rancori
nutriti di falsità.
Strappa da te la vanità,
avido di distruggere, avaro di carità,
Strappa da te la vanità
Ti dico, strappala.
Ma aver fatto in luogo di non aver fatto
questa non è vanità.
Avere, con discrezione, bussato
Perché un Blunt aprisse
aver raccolto dal vento una tradizione viva
o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata
Questa non è vanità.
Qui l’errore è in ciò che non si è fatto,
nella diffidenza che fece esitare

martedì 12 aprile 2011

Cosmonauta Gagarin, non voltarti indietro.


Quella spiaggia era troppo bella, troppo tranquilla per una persona sola. Vi era qualcosa in quel posto che pareva suggerire un modo di morire. Lampi borgogna uccisero ogni nostra speranza di rinascere uomini.

lunedì 11 aprile 2011

Fluido

'a smaterializzazion' e ll'omm

domenica 10 aprile 2011

in ogni stanza cerco di ridere un pò

Bien sûr nous eûmes des orages Vingt ans d'amour c'est l'amour fol Mille fois tu pris ton bagage Mille fois je pris mon envol Et chaque meuble se souvient Dans cette chambre sans berceau Des éclats des vieilles tempêtes Plus rien ne ressemblait à rien Tu avais perdu le goût de l'eau Et moi celui de la conquête Mais mon amour Mon doux mon tendre mon merveilleux amour De l'aube claire jusqu'à la fin du jour Je t'aime encore tu sais je t'aime Moi je sais tous les sortilèges Tu sais tous mes envoûtements Tu m'as gardé de piège en piège Je t'ai perdue de temps en temps Bien sûr tu pris quelques amants Il fallait bien passer le temps Il faut bien que le corps exulte Finalement finalement Il nous fallut bien du talent Pour être vieux sans être adultes Oh mon amour Mon doux mon tendre mon merveilleux amour De l'aube claire jusqu'à la fin du jour Je t'aime encore tu sais je t'aime Et plus le temps nous fait cortège Et plus le temps nous fait tourment Mais n'est-ce pas le pire piège Que vivre en paix pour des amants Bien sûr tu pleures un peux moins tôt Je me déchire un peu plus tard Nous protégeons moins nos mystères On laisse moins faire le hasard On se méfie du fil de l'eau Mais c'est toujours la tendre guerre Oh mon amour Mon doux mon tendre mon merveilleux amour De l'aube claire jusqu'à la fin du jour Je t'aime encore tu sais je t'aime
Piazza del Gesù. un infinità di posti in cui nascondersi.

mercoledì 6 aprile 2011

quanta nuttat co 'ntstin araput ro mmal', e quant e llor ancor stann appriess o festin', sto cercann a vita mia nun sto facenn matin arapenn bustin', capate rat cu pen e cartin, o Gesù pe mo è na fiera e ll' impero si nuie simme 'e magnat fra e cuozz o risultat è o cess, nun me par over, si ncap a nziria è fort a ser' t'attacc e ricord tanto pò riman si mmuort..

lunedì 4 aprile 2011

Studio di Cioran #1

Per quasi tutte le nostre scoperte siamo debitori alle nostre violenze, all'esacerbarsi del nostro squilibrio.
Non c'è opera che non si ritorca contro l'autore: il poema annienterà il poeta, il sistema il filosofo, l'avvenimento l'uomo d'azione.
devo liquidarne il minimo residuo che mi rimanga; e se, al contrario, mi avventuro in un ruolo storico, il compito che mi spetta sarà quello di esasperare le mie facoltà fino a esplodere con esse. Si perisce sempre a causa dell'io che si assume: portare un nome è rivendicare un modo esatto di crollare.
Maestri nell'arte del pensare contro se stessi, Nietzsche, Baudelaire e Dostoevskij ci hanno insegnato a puntare sui nostri pericoli, ad ampliare la sfera dei nostri mali, ad acquistare esistenza separandoci dal nostro essere. E ciò che per il grande cinese era simbolo di decadimento, esercizio di imperfezione, per noi costituisce l'unica modalità di possederci, di entrare in contatto con noi stessi.
La liberazione, se realmente ci sta a cuore, deve procedere da noi stessi: a nulla serve cercarla altrove, in un sistema già fatto o in qualche dottrina orientale.
Ma non significa nulla parlare di affrancamento a proposito di una umanità frettolosa, dimentica del fatto che non possiamo riconquistare la vita né goderne senza prima averla abolita.
Noi respiriamo troppo velocemente per poter cogliere le cose in se stesse o denunciarne la fragilità. Il nostro ansimare le postula e le deforma, le crea e le sfigura, e ad esse ci incatena. Mi agito, emetto così un mondo altrettanto sospetto della speculazione con cui lo giustifico, aderisco al movimento, il quale mi trasforma in generatore di essere, in artigiano di finzioni, mentre il mio brio cosmogonico mi fa dimenticare che, trascinato dal turbine degli atti, non sono altro se non un complice del tempo, un emissario di universi caduchi.
Ingozzati di sensazioni e del loro corollario - il divenire - siamo dei non-liberati per inclinazione e per principio, dei condannati di prim'ordine che, in preda alla febbre del visibile, frugano in quegli enigmi di superficie, ben degni della nostra trepidazione e del nostro sfinimento.
Se vogliamo recuperare la nostra libertà, ci converrà deporre il fardello della sensazione, non reagire più al mondo attraverso i sensi, rompere i legami.
Contaminati dalla superstizione dell'atto, crediamo che le nostre idee debbano "giungere a uno scopo".
«D'ora in poi non vi sarà più tempo», quel metafisico improvvisato che è l'Angelo dell'Apocalisse annuncia così la fine del Diavolo, la fine della storia. I mistici hanno dunque ragione nel cercare Dio in se stessi o altrove, fuorché in questo mondo di cui fanno tabula rasa, senza per questo abbassarsi alla rivolta. I mistici si lanciano fuori del secolo: follia di cui noi, prigionieri della durata, siamo raramente capaci. Se almeno fossimo tanto degni del Diavolo quanto loro lo sono di Dio!
Ce l'ho col nostro secolo per averci soggiogati fino al punto di ossessionarci anche quando ce ne distacchiamo. Nulla di valido può nascere da una meditazione di circostanza, da una riflessione sull'avvenimento. In altri tempi più felici, gli animi potevano sragionare liberamente, quasi non appartenessero a nessuna epoca, emancipati com'erano dal terrore della cronologia, inabissati in un momento del mondo che, per essi, si confondeva con il mondo stesso. Senza curarsi della relatività della loro opera, vi si consacravano interamente. Geniale sciocchezza per sempre scomparsa, esaltazione feconda, per nulla compromessa dalla coscienza dilacerata.
Poiché l'assoluto corrisponde a un senso che non abbiamo saputo coltivare, abbandoniamoci a tutte le ribellioni: finiranno certo per ritorcersi contro se stesse, contro noi stessi... Forse allora riconquisteremo la nostra supremazia sul tempo; a meno che, tutt'al contrario, nel sottrarci alla calamità della coscienza, non raggiungiamo le bestie, le piante e gli oggetti, e quella stupidità primordiale di cui, per colpa della storia, abbiamo perso finanche il ricordo.

domenica 3 aprile 2011

Come il mio primo
sguardo d'amore, prima maraviglia,
fu per te, prendi questo mio ultimo.
Svanì ... io lo seguo ...
Troppo mi amasti, come io ti amai.
Non eravamo fatti per torturarci così,
quantunque fosse il più empio dei peccati
amarci come noi ci amammo
Dimmi che tu non mi detesti
Che io sconto il castigo per entrambi,
che tu sarai del numero beato,
e io morrò ... Perché finora tutto
quel che odio cospira a incatenarmi
all'esistenza, a una vita che mi esclude
dall'immortalità, dove il futuro
è simile al passato. Non ho tregua.
Non so che cosa chiedere o cercare.
Sento soltanto quello che tu sei
e io sono. Ma, prima di morire
vorrei udire di nuovo quella voce
che era la mia musica.

un Amleto di meno

Era un ragazzo d’un umorismo infinito, mio fratello, stessa madre per nove mesi...
Fu qualcuno... aveva un ego minuzioso e scaltro, si prendeva per qualcuno ... e adesso niente, nemmeno il suo sonnambulismo ... C’era una lingua che qui biascicava: good night lady good night sweet lady... good night... good night... Cantava... prevedeva... ricordava... ha parlato... ha arrossito ... ha sbadigliato ... ORRIDO! ORRIDO! ORRIDO! Ho forse ancora vent’anni trent’anni da campare e poi verrà il mio turno com’è venuto per gli altri...
tutto! Che sventura non esserci più!
Si, voglio andarmene via domani e informarmi per tutto il mondo dei più adamantini processi d'imbalsamazione! Ah, tutto è bene quel che non finisce mai!...Come m'annoio, superiormente!
E allora, che aspetto qui, la morte? Io morire?!...Si, d'accordo, si muore...ma non esserci più...Parole, parole, parole!
Ma che cosa mi ci vuole se tutto mi sta stretto..
Basta! Quando ho fame, ho fame, quando ho sete, ho sete, quando ho voglia, ho voglia! E allora se l'idea della morte m'è così lontana, vuol dire che la vita mi ha in balia, vuol dire che la vita mi reclama, e allora: vita mia, a noi due!

Otranto Piazza Mercato Tunisia

mattinata piovosa, le arcate come rondini allineate, ali aperte, le bifore animate, Il Palazzo Moresco se ne va, rimpatria, dove sono altri stormi di follie, si autentica incastrato in una via popolare di Tunisi, dimora inconsapevole a eccezionali vicende ordinarie...se ne va galleggiando sull'acqua, corroso dalle obiezioni occidentali, santuario vagante alla ricerca di sacerdoti sempre che lo inventino, incurante del pubblico africano...e dove toccherà la sponda oltremare starà naturalmente come non se ne fosse mai staccato, e i turchi lo abiteranno a poco prezzo.
Dormi, cambiamo i fiori.

Se non fossi un palazzo, mi crederebbero

in the northern sky

the winter in my eyes came so fast