martedì 21 febbraio 2012

guardarsi dalle imitazioni. Provare per credere. Ci siamo divertiti
immensamente.

Attenzione si scivola! il cinema di Buster Keaton

Introduzione
Buster Keaton (1895- 1966) è un 'classico', e parlare di lui significa di conseguenza occuparsi un pò della 'storia' del cinema.
Quando Keaton nasce, i Lumière cominciano le prime proiezioni; quando Keaton produce le sue migliori opere, negli anni '20, per moltissimi il linguaggio del cinema era nato da pochi anni, e questo significa pochi mezzi e poche conoscenze tecniche delle possibilità di un set. E se quasi da subito il mercato mette le mani sul cinema appiattendo la sperimentazione, Keaton fa immediatamente eccezione: i suoi film hanno successo di pubblico ma riescono ad essere autonomi, nuovi, sperimentali e liberi dalle regole della tradizione cinematografica che andava già formandosi. In Keaton assumono quindi importantza "l'artigianato", l'inventiva, la creatività, spesso oltre i limiti del possibile di quel tempo.
L'incontro tra il giovane Keaton e la macchina da presa dà avvio ad una delle ondate creative più straordinarie che la storia del cinema abbia mai vissuto, un lavoro che ci appare molto più attuale e sperimentale di quello di tanti mediocri autori contemporanei.
Il periodo d'oro dell'opera di Buster Keaton è racchiuso tutto nell'arco degli anni '20, in una ventina fra cortometraggi e mediometraggi, tra cui grandi riflessioni sul cinema come "Il cameraman" e "Sherlock jr".
Questa carica energetica poi finirà con l'avvento del sonoro, inghiottita da Hollywood e dalle esigenze del capitale e del mercato, che non ammette superamenti dialettici delle contraddizioni, nè uno sforamento così radicale del linguaggio. Fa un pò storia a sè, nell'ultimo anno di vita dopo decenni di opere sottotono, l'interpretazione magistrale di "Film" di Schneider e Beckett.

Analizziamo alcuni elementi che ci permettono di tracciare un discorso introduttivo sul cinema di Buster Keaton e sulla sua visione del mondo, tenendo conto di alcuni fattori:
- Keaton è stato insieme regista, sceneggiatore e attore, e non è possibile scindere la maschera la recitazione le acrobazie con lo stile registico.
- i film di Buster Keaton costituiscono un discorso uniforme e omogeneo, e le variazioni di situazioni personaggi e 'trame' diventano quindi marginali. Ad accomunarli è una visione del mondo, una filosofia, oltre che una struttura e una tecnica. Quindi un'analisi 'generale' è sicuramente più interessante e funzionale rispetto a un affannoso tentativo di raccontare i suoi singoli film.

KEATON DIVENTA BUSTER
Jeseph Francis Keaton nasce nel 1895 da genitori attori di teatro.
La leggenda vuole che il soprannome Buster gli sia stato dato da Harry Houdinì in persona, dopo averlo visto caracollare giù per diverse rampe di scale e infine saltare in piedi illeso come se niente fosse successo, con quell'espressione gelida e sardonica che lo accompagnerà per tutta carriera.
Esordisce a quattro anni in teatro con numeri in cui viene sballottato da un lato all'altro del palco, come 'straccio umano'.
Da qui derivano i primi trucchi del mestiere e le caratteristiche che si ritroveranno fino all'età adulta: l'impossibile resistenza a un destino avverso e la capacità acrobatica che gli permetterà di non riccorrere mai a controfigure.
Keaton quindi cresce all'interno di una scuola burlesque nella quale il corpo ha ancora la sua centralità, in contrasto con le leggi della nascente industria cinematografica di intrattenimento.
Si tratta però di un tipo di teatro particolare: tempi brevi, connessioni di gag, acrobazie, improvvisazione e solo secondariamente la mimica.
Da qui Keaton si abitua più che a recitare, a inventare se stesso, e a diventare in scena e fuori scena l'autore di se stesso.
Nei suoi numeri comici riesce a far ridere il pubblico quanto più resta indifferente, e quanto più resta stupito dell'ilarità del pubblico. Un contrasto straordinario: l'immobilità del viso contro le situazioni estreme in cui egli si muove, e l'immobilità del viso contro l'estrema mobilità del corpo nelle acrobazie.

IN UN MONDO SCIVOLOSO
Per sopportare una caduta bisogna conservare una struttura, bisogna cioè proporre il corpo in una serie di posture e di geometrie in grado di assorbire gli urti e riproporre l'energia per il movimento, bisogna grosso modo essere come una palla da biliardo.
Questo sarà il cinema e la vita di Buster Keaton: essere lanciati, come una palla su un tavolo da biliardo, come un bambino su una rampa di scale, costretti a straordinarie geometrie per non rimanere stecchiti e sottoposti a un sistema di attrazione e forze repulsive fondato su desideri, relazioni di potere, addensamenti e sottrazione di corpi, il tutto ritmato dalle macchine.
Quello che però Keaton scopre nelle sue cadute è che l'abilità non basta: mentre ruzzoli via la scala si smonta, ti viene dietro. Il sistema non regge! Le macchine perdono i bulloni, le case crollano sotto il vento, le sposine fuggono e ritornano, e tutta la devastante stupidità dello stile di vita americano emerge come un incubo tragicomico dal quale non ci si può tirare fuori.
Il personaggio di Keaton è come un punto minuscolo inglobato in un ambiente immenso catastrofico e trasformabile: vasti paesaggi che cambiano e strutture geometriche deformabili, rapide e cascate, grandi navi alla deriva del mare, città spazzata via dal ciclone, treni su ponti che crollano.
E in tutto questo c'è il cinema che cerca di proporre un'immagine meno traballante della realtà, un'immagine invitante che lo spettatore cerca di tirare fuori, ma la rottura degli argini dello schermo porterà ad un esondazione capace solo di rendere il tutto più scivoloso.

L'INCONGRUO: GAG E LIETO FINE
Non si può analizzare il cinema di Buster Keaton senza approfondire le strutture delle trovate comiche, di un 'gag'.
Uno schema classico le riassumerebbe così:
ORIZZONTALE
1) costruzione di una situazione in equilibrio precario
2) azione che porta a contrasto gli elementi da cui nasce la precarietà
3) risoluzione finale del contrasto
VERTICALE
1) componente caricaturale
2) componente mimica
3) incongruità dell'azione

Keaton supera lo schema classico così:
ORIZZONTALE
1) Equivoco di partenza e costruzione di una situazione in equilibro precario
2) Situazione di superamento delle difficoltà
3) Impossibilità di equilibrio e apocalisse
VERTICALE
1) la componente caricaturale è quasi annullata
2)la mimica è rarefatta
3) l'incongruità è esaltata al massimo.

Tutto il gag keatoniano sembra dominato dalla casualità, dalla sfortuna, ma in realtà dietro al caso si nasconde l'ingranaggio, e basta un gesto sbagliato a reintrodurre il caos dove era appena arrivato l'ordine.
Tutto ciò che accade a Keaton appare casuale perchè si manifesta in forme che non discendono dalla sua volontà e dalla sua logica: questa incongruità alla logica dominante è ciò che rende radicale l'idea del mondo di Keaton (per questo il volto è impassibile e un pò spaesato).
Sta qui l'amara impotenza del non poter controllare gli avvenimenti e il meccanismo alieno che li regola.
L'ingranaggio, una volta messo in moto, avanza incessante; questa progressione dell'instabilità raggiunge il suo culmine con un evento macroscopico (inseguimenti di massa, esplosioni diffuse, cicloni) che sfocia quasi sempre nel lieto fine (vittoria, conquista della donna ecc..). Ma il lieto fine in Keaton contiene sempre i germi della sua negazione (il successo non basta o è per altri, la donna diventerà subito madre, l'happy end sarà consolatorio e apparente).

Il carattere dei gag può essere diviso così:
- "Gag-traiettoria": arte particolare di montaggio di gag una dietro l'altra, e di intensità progressiva, inserite in una traiettoria che le rende parti di un unico movimento.
Questa traiettoria ha solitamente un ritmo spedito per sottolineare il precipitare degli eventi, e marcare la differenza con le fasi più statiche in cui si costruisce la storia o ci si consola del falso lieto fine, fasi in cui le fratture della relatà sono celate da una impossibile normalità.
- "Gag-macchina": Keaton usa le macchine, le inventa, dà nuovi usi e significati agli oggetti. Macchina-treno, macchina-casa, macchina-cinema, soluzioni tecnologiche di ogni tipo. A differenza di Chaplin, Keaton non si oppone alla macchina, è dentro un sistema alienato nel quale non è possibile prendere coscienza. E allora Keaton cerca di adattare le macchine, le rende appropriate a un uomo solitario, a una coppia perduta, le piega ad un suo uso, ma è quasi sempre impossibile: esse perderanno ogni utilità e diventeranno anzi un problema.
Può esserci utile una frase di Freud: "il bambino impegnato nel gioco si comporta come un poeta, si costruisce un proprio mondo, o meglio, dà a suo piacere un nuovo assetto alle cose del suo mondo".
Il grande scarto tra la situazione immensa e l'eroe minuscolo sarà colmato da queste funzioni.
Implicito in tutto questo c'è la critica, la visione del mondo di Keaton.

UNO SGUARDO IMPASSIBILE - IL CONFRONTO/SCONTRO CON CHAPLIN
E' un luogo comune del cinema e della critica il paragone fra Keaton e Chaplin. I due si conoscevano, e, come di abitudine dell'epoca, si scambiavano idee di gag, adattandoli alla propria visione del mondo e al proprio stile.
La grandiosità di Chaplin, fra le tante cose, sta nel suo dialogo con la storia, nell'essere un autore molto più sociale, con uno sguardo che fa presa sul pathos, commuove e ammicca alle furberie dei poveri, concentrando lo spazio della scena sul sè. Questa adattabilità gli ha permesso di lavorare bene anche con il sonoro, portando la sua opera al mondo intero come nessun altro, garantendogli sempre il successo.
Keaton mostra invece l'irriducibilità alla storia, l'impossibilità di adattarsi, è metafisico, poco psicologico, il suo sguardo è impassibile e non cade mai nel pathos, lo spazio esiste e si gioca con i movimenti, le grandezze e la macchina da presa. La caratteristica costruzione delle sue storie lo vede alla fine sempre al centro di nuove insicurezze alle quali reagire. La realtà è un incubo senza scampo che ripropone prove su prove. Questa immensità dell'ingranaggio diventa gigantismo di scena: se un masso precipita, si trasforma in mille massi che precipitano; se si è inseguiti da un poliziotto, si è inseguiti da decine di poliziotti; se spira il vento, diventerà ciclone. A questa irrazionalità del mondo e a queste situazioni che crescono su se stesse, Keaton risponde con una pulizia di stile che diventerà la sua caratteristica.
"Keaton non cerca mai di far piangere, perchè le lacrime facili son superate" disse Bunuel.
Dalla sua recitazione sono esclusi quasi totalmente il sentimento e il sentimentalismo, mentre in modo del tutto poetico si sente nella sua comicità quel gelo che fa il dramma dell'uomo.
Queste caratteristiche hanno relegato la grandiosità di Keaton al periodo del muto, e ad un successo che, seppur clamoroso, è sempre stato minore di quello del suo amico Charlot, sia all'epoca sia oggi

LA VISIONE DEL MONDO
L'equivoco nel film è spesso creato dal personaggio stesso, che, alienato, si ritrova inadeguato in una situazione con la quale non sa misurarsi.
Egli d'altra parte non cerca mai di contrastare l'emergere di questa logica equivoca, ma al contrario l'asseconda, l'accetta globalmente, sembra trovarla del tutto naturale.
La sua imperturbabilità (anche del viso) aumenta questo aspetto: l'individuo non può prendere coscienza di essere vittima di ingranaggi e 'istituzioni' totalizzanti perchè ci è dentro.
Quindi egli non è quasi mai uno sconfitto, perchè non lotta "contro", bensì, lotta "dentro".
Keaton è alienato perchè sempre in balìa di forze che non sa nè comprendere nè controllare, ma che non può far altro che accettare, e tentare di essere accettato.
In questa volontà di accettazione, di appartenenza, di successo, c'è l'elemento della soddisfazione di desideri capace di liberare l'io dalle ansie della realtà.
Per questo l'amore è subito perdizione totale, accecamento. Keaton fa di tutto per raggiungere il suo obiettivo, rischia la vita, corre, fa acrobazie, cerca di diventare bravo nel lavoro.
Ma è un connubio impossibile. E allora il sogno diventa incubo, e l'esclusione diventa frustrante.
Questa critica, questa visione del mondo non è didascalica, esplicita, vive attraverso rapporti con situazioni del quotidiano che forse valgono per ogni tempo, e il personaggio sempre alienato non è comunque un 'tipo', perchè caratterizzato in ogni film da tratti sociologici differenti. Tempo dell'azione e carattere sociale diventano quindi aspetti secondari.
Keaton svela la menzogna del mito del successo e del farsi da sè, perchè il 'lieto fine' altro non è che un'illusione, una mistificazione.
Il cinema di Keaton, che possiamo definire comunque comico, è dominato dal pericolo e dalla sopraffazione, dal caos e dalla sconfitta che si maschera da vittoria inconcludente.
In tal modo la risoluzione del contrasto nasconde con il comico l'incongruità tragica dell'impotenza.
Questo risvolto è già nel viso di pietra, nello sguardo angosciato dai misteri della vita.
E' il mondo esterno a diventare il soggetto che agisce l'oggetto Keaton.

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bibliografia minima consigliata:
Buster Keaton, a cura di Giorgio Cremonini - editore il Castoro o NuovaItalia
Come in uno specchio - I grandi registi del cinema - (capitolo su Buster Keaton) - a cura di Goffredo Fofi - Donzelli editore
Cinema l'immagine-movimento di Gilles Deleuze (estratti su Keaton) - Ubu editore

Intaddùme


la felicità - egli diceva - è destrezza di mente e di mani

sabato 11 febbraio 2012

la ladra delle notti è una demente maniaca, che nasconde ogni suo furto sempre in un altra buca. Non si dà uscita mai da quelle segregazioni.
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sotto la bocca distorta a furia di sorrisi
[variazioni di pelle fra zigomo e mento]

mercoledì 8 febbraio 2012

Felice!


Felice Pignataro è nato a Roma il 6 febbraio del 1940.
Cresciuto a Mola di Bari (Ba), si è trasferito a Napoli nel 1958 per studiare all’Università, alla facoltà di Architettura prima, poi di Teologia.
A Napoli ha alloggiato al Collegio Newman, della F.U.C.I., di cui è stato direttore per diversi anni, fino al 1972.
Dal 1967 ha portato avanti, insieme alla sua compagna Mirella, una controscuola per i bambini delle baracche, prima al Campo A.R.A.R. di Poggioreale, poi all’I.S.E.S. di Secondigliano.
Sposatosi con Mirella nel 1972, si è stabilito definitivamente a Scampìa (periferia nord di Napoli) da dove ha continuato a mettere le sue enormi capacità artistiche al servizio degli “ultimi”.
Nel 1981, con Mirella e altri, ha fondato l’associazione culturale GRIDAS (gruppo risveglio dal sonno) allo scopo di offrire strumenti per risvegliare le coscienze assopite. Nell’ambito delle attività svolte con il GRIDAS si è caratterizzato come “il più prolifico muralista del mondo” (definizione data da E. H. Gombrich, del Warburg Institut di Londra) realizzando oltre 200 murales in giro per l’hinterland napoletano, ma anche nel resto d’Italia. Inoltre, ha creato a Scampìa il carnevale di quartiere divenuto una tradizione in oltre 20 anni di attività.
É stato un punto di riferimento importante per gruppi e associazioni in lotta che lo hanno trovato sempre disponibile a supportare le proprie battaglie con la sua poliedrica arte creativa.
Dal 1994 ha applicato anche la tecnica del mosaico, realizzato con mattonelle spaccate alla maniera di Antoni Gaudì, realizzando opere in Italia e a Marxloh-Duisburg, in Germania.
Felice è morto a Napoli, il 16 marzo 2004 per un tumore polmonare, lasciando il suo “testimone” a tutti quelli che l’hanno conosciuto e sono stati “contagiati” dalla sua creatività messa al servizio del riscatto sociale.