giovedì 17 settembre 2015

tutto ricordare, tutto dimenticare
che fai?
è per ricordo, ne prendo sempre alla fine di ogni viaggio
perchè i sassi?
sono belli, una rosa del deserto, un ossidiana di lipari
anche sassi qualsiasi?
si, anche sassi qualsiasi
leo mi porti con te in lapponia?
certo
almeno là non c'è nulla che ci assomigli
dieci anni di ultime corse

Moro, suerte

/ e i poveri ciuchini che inciampavano mezzi addormentati / e gli uomini avvolti nei loro mantelli / addormentati all'ombra sugli scalini / e le grandi ruote dei carri dei tori / e il vecchio castello vecchio di mill'anni / sì e quei bei Mori tutti in bianco / e turbanti come re / che ti chiedevano di metterti a sedere in quei loro buchi di botteghe / e Ronda con le vecchie finestre delle posadas / fulgidi occhi celava l'inferriata / perché il suo amante baciasse le sbarre / e le gargotte  mezzo aperte la notte / e le nacchere / e la notte che perdemmo il battello ad Algesiras /  il sereno che faceva il suo giro con la sua lampada / e Oh quel pauroso torrente laggiù in fondo / Oh e il mare / il mare qualche volta cremisi come il fuoco / e gli splendidi tramonti / e i fichi nei giardini dell'Alameda / sì e tutte quelle stradine curiose / e le case rosa e azzurre e gialle / e i roseti e i gelsomini e i geranii e i cactus / e Gibilterra da ragazza dov'ero un Fior di montagna / sì quando mi misi la rosa nei capelli / come facevano le ragazze andaluse / o ne porterò una rossa / sì  / e come mi baciò sotto il muro moresco / e io pensavo be' lui ne vale un altro / e poi gli chiesi con gli occhi di chiedere ancora / sì allora mi chiese se io volevo / sì dire di sì / mio fior di montagna / e per prima cosa gli misi le braccia intorno / sì e me lo tirai addosso / in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato / sì e il suo cuore batteva come impazzito / e sì  dissi  / sì voglio / sì.

Napoli, Via Chiaia, aprile 1959: l'uomo dal trench

A via Chiaia un amico mi additò due volte Renato Caccioppoli, vestito del suo logoro trench bianco sporco, curvo e prostrato la prima volta, gesticolante, come se accennasse con la mano un tema musicale, e vacillante nel passo, la seconda.
Aveva gli occhi socchiusi e pareva non vedere nessuno. Io avevo già fuggito il mondo della mia famiglia, dal quale anche lui si era molti anni prima allontanato, e in nome di valori che mi parevano affini ai miei. Somigliava in quell'incontro a un personaggio di Beckett, che in quel periodo stavo leggendo. Mentre lui si accingeva a togliersi la vita, senza che la sua intenzione fosse trapelata all'esterno, io mi accingevo a sposarmi in segreto. Ho sempre pensato da allora, per la casuale concomitanza di quei due avvenimenti, che il segreto doveva proteggere gli atti fondamentali della vita e a questo principio mi sono finora attenuta.
it's not always possible
l'effondrement

sti 'rrose rosse addirose,
musse' pe' vase', rosse cerase
spina ca cchiù 'ncasa
c'ò core me pogno, p'ammore se sponna
'o tiene 'mpugno stritto, sbatt'o stesso pecchè sape 'o fatt suoje,
core doce cchiù doce fallo felice
nun 'o fà cadè pure si coce
anema tu me chiamme chiammeme,
saneme circheme nun me fa spantechià
ma si me fa vasà nun me fa aspettà,
'o ffa, fallo là pe là.
Vita mia sempre conta 'o tiempo
si stu tiempo 'e te se jenche,
passeme suspire no 'nzirie
core cchiù core, core cchiù ammore

vene l'ammore e se ne va,
e se ne va,
e lascia 'o core che more, che può fa,
si se ne va e te ne vai mo
lascianno 'e spine 'int'a stu core che vò murì
je nun ce crere
nun è 'o vero
fine 'a jer stive cu me, stive cu me


col mio corpo sulle spalle
discenderai questa montagna, Rainer
giù per il Tabor, cioè pe San Martino
intervalli di respiro irregolari
epperò
tutt'a sghimbescio, tutto sottosopra,
specchio capovolto nella rétina dell'occhio
cono rovesciato
la stanza sarà vuota come prima, senza me -
vuoto, altrettanto, il cunicolo di luce
la tana di poesia al terzo piano.
Avanzerai ingobbito, tu, al posto mio,
sotto il peso di un grifone a quattro teste -
mon cadavre -
piume ed artigli impallinati,
piombo scarlatto sulle lingue penzolanti.
Navi entreranno a Babilonia
su per le scalette, malsicure e puzzolenti,
degli embargos di Toledo:
spugna, la mia pelle, saliva, la scrittura:
sarò buono da mangiare alla Tavola dei Poveri -
feste di santa Maria - Cannibala -
occhi scuri, scuri, tragici, Medea

si tace di tante cose, Antonio


è una cosa certa come il Monte Bianco, come l'Elburz: loro non si sposteranno! E il Vesuvio, Boris, che scuote e non si sposta! Attraverso la natura si può capire tutto, tutto l'essere umano - perfino te, perfino me.
Un tempo c'erano i parnassiani, adesso i vesuviani.
E i primi vesuviani siamo tu, io.

Marina Cvetaeva
a Boris Pasternak, 1925

per un ecologia integrale


"La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana. Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura.

Affinché sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di cambiare il modello di sviluppo globale, la qual cosa implica riflettere responsabilmente sul senso dell’economia e sulla sua finalità.
Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro.
In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine. Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi

Ogni progetto produttivo o di qualsiasi politica, piano opera o programma dev’essere elaborato in modo interdisciplinare, trasparente e indipendente da ogni pressione economica o politica. Dev’essere connesso con l’analisi delle condizioni di lavoro e dei possibili effetti sulla salute fisica e mentale delle persone, sull’economia locale, sulla sicurezza. I risultati economici si potranno così prevedere in modo più realistico, tenendo conto degli scenari possibili ed eventualmente anticipando la necessità di un investimento maggiore per risolvere effetti indesiderati che possano essere corretti. È sempre necessario acquisire consenso tra i vari attori sociali, che possono apportare diverse prospettive, soluzioni e alternative. Ma nel dibattito devono avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che trascendono l’interesse economico immediato. Bisogna abbandonare l’idea di “interventi” sull’ambiente, per dar luogo a politiche pensate e dibattute da tutte le parti interessate. La partecipazione richiede che tutti siano adeguatamente informati sui diversi aspetti e sui vari rischi e possibilità, e non si riduce alla decisione iniziale su un progetto, ma implica anche azioni di controllo o monitoraggio costante. C’è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione.

Nei Paesi che dovrebbero produrre i maggiori cambiamenti di abitudini di consumo, i giovani hanno una nuova sensibilità ecologica e uno spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo ammirevole per la difesa dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di altissimo consumo e di benessere che rende difficile la maturazione di altre abitudini. Per questo ci troviamo davanti anche ad una sfida educativa.
Il consumismo ossessivo è il riflesso soggettivo del paradigma tecno-economico. Tale paradigma fa credere a tutti che sono liberi finché conservano una pretesa libertà di consumare, quando in realtà coloro che possiedono la libertà sono quelli che fanno parte della minoranza che detiene il potere economico e finanziario.

La situazione attuale del mondo provoca un senso di precarietà e di insicurezza, le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza. Perciò non pensiamo solo alla possibilità di terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma anche a catastrofi derivate da crisi sociali.
Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle.
Se i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi, la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Tuttavia dobbiamo anche riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti.

Tuttavia, non basta che ognuno sia migliore per risolvere una situazione tanto complessa come
quella che affronta il mondo attuale. I singoli individui possono perdere la capacità e la libertà di vincere la logica della ragione strumentale e finiscono per soccombere a un consumismo senza etica
e senza senso sociale e ambientale. Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie, non con
la mera somma di beni individuali: Le esigenze di quest’opera saranno così immense che le possibilità delle iniziative individuali e la cooperazione dei singoli, individualisticamente formati, non saranno in grado di rispondervi. Sarà necessaria una unione di forze e una unità di contribuzioni
La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una
conversione comunitaria

Non tutti sono chiamati a lavorare in maniera diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce una innumerevole varietà di associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare
un’identità comune, una storia che si conserva e si trasmette. In tal modo ci si prende cura del mondo e della qualità della vita dei più poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tempo consapevolezza di abitare una casa comune.

Il movimento ecologico mondiale ha già fatto un lungo percorso, arricchito dallo sforzo di molte organizzazioni della società civile. Grazie a tanto impegno, le questioni ambientali sono state sempre più presenti nell’agenda pubblica e sono diventate un invito permanente a pensare a lungo termine. Ciononostante, i Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Quanti subiranno le conseguenze che noi tentiamo di dissimulare, ricorderanno questa mancanza di coscienza e di responsabilità."

"Sì, ecco qual è la vera congiura. Persuadere tutti noi che il mondo intero è pazzo! Informe! Privo di senso! Assurdo! Ecco lo sporco gioco. Perciò ho perso la mia causa! E con questo? Lo sa? Anche lei è perduto. Tutto è perduto. Tutto. E che significa? Crede basti una sentenza a condannare l'universo intero alla follia?"


vuelvo al sur

    Toco tu boca, con un dedo toco el borde de tu boca, voy dibujándola como si saliera de mi mano, como si por primera vez tu boca se entreabriera, y me basta cerrar los ojos para deshacerlo todo y recomenzar, hago nacer cada vez la boca que deseo, la boca que mi mano elige y te dibuja en la cara, una boca elegida entre todas, con soberana libertad elegida por mí para dibujarla con mi mano por tu cara, y que por un azar que no busco comprender coincide exactamente con tu boca que sonríe por debajo de la que mi mano te dibuja.
     Me miras, de cerca me miras, cada vez más de cerca y entonces jugamos al cíclope, nos miramos cada vez más de cerca y nuestros ojos se agrandan, se acercan entre sí, se superponen y los cíclopes se miran, respirando confundidos, las bocas se encuentran y luchan tibiamente, mordiéndose con los labios, apoyando apenas la lengua en los dientes, jugando en sus recintos donde un aire pesado va y viene con un perfume viejo y un silencio. Entonces mis manos buscan hundirse en tu pelo, acariciar lentamente la profundidad de tu pelo mientras nos besamos como si tuviéramos la boca llena de flores o de peces, de movimientos vivos, de fragancia oscura. Y si nos mordemos el dolor es dulce, y si nos ahogamos en un breve y terrible absorber simultáneo del aliento, esa instantánea muerte es bella. Y hay una sola saliva y un solo sabor a fruta madura, y yo te siento temblar contra mí como una luna en el agua.


“Il velo è da sempre un simbolo di protezione. Velare i personaggi al margine, le statue fuori del circuito turistico, è da una parte un rito propiziatorio e dall’altro un atto di denuncia”.

l'età di dopo


non dire una parola che non sia d'amore

fischi e balconi

giovedì 16 aprile 2015

meno male
che non c'è più il letto matrimoniale
meglio l'accampamento
ho sempre detestato
i letti matrimoniali
non ho mai avuto
un letto matrimoniale
solo divani
complessi infantili
compromessi con l'arredamento
ho condotto una vita disordinata
ma ho sempre tenuto i miei panni ordinati
ma ho sempre detestato i vestiti
non ho mai avuto veri vestiti
ho solo accostato capi casuali
complessi adolescenziali
compromessi con l'abbigliamento
non sto a mio agio
in un letto matrimoniale
non sto a mio agio
nei vestiti
non sto a mio agio nel mondo
se stessi a mio agio
in un letto matrimoniale
e a mio agio
nei vestiti
starei a mio agio nel mondo
oppure
se stessi a mio agio nel mondo
starei a mio agio
in un letto matrimoniale
a mio agio
nei vestiti
ma perchè devo stare a mio agio
perchè bisogna stare a proprio agio
vino e psicoanalisi
vino
Nì se n'è andata
di nuovo una casa
che sembra un teatro vuoto
non c'è più nessuna parte da recitare

domenica 5 aprile 2015

giovedì 2 aprile 2015

Per l’amor dei poeti
Principessa dei sogni segreti
Nell’ali dei vivi pensieri ripeti ripeti
Principessa i tuoi canti:
O tu chiomata di muti canti
Pallido amor degli erranti
Soffoca gli inestinti pianti
Da tregua agli amori segreti:
Chi le taciturne porte
Guarda che la Notte
Ha aperte sull’infinito?
Chinan l’ore: col sogno vanito
China la pallida Sorte.....

Per l’amor dei poeti, porte
Aperte de la morte
Su l’infinito!
Per l’amor dei poeti
Principessa il mio sogno vanito
Nei gorghi de la Sorte!

domenica 29 marzo 2015

da soli è una ressa

le nuvole

martedì 17 marzo 2015


Questo è vero effettivamente a lavoro vado d'accordo con tutti
però oggi che giornata, mamma mia che giornata non sto in piedi
finalmente la poltrona
poverini li buttano nei canili e poi se ne sbattono i coglioni
se avessi un po' di spazio ma con 35 metri quadri?
chissà Mariella se sta guardando
lei ha un sacco di spazio le farebbe pure bene
ma quel cretino di mio cognato
che cosa ci sta a fare ancora insieme?
secondo me è sincero
anche se mi sembra assurdo che vadano lì
e si innamorino davvero
ma a quell'età è normale
innamorarsi stare assieme dimostrarlo al mondo
è normale
e poi lei è bella, ah se è bella! È alta... magra.
ma cambieranno pure loro cresceranno pure loro
io per esempio io sto benissimo da solo
non ho obblighi non ho condizionamenti
da solo, senza moglie e senza figli
io sto benissimo
e certo che piange poveraccia
perdere il papà a tredici anni è un brutto colpo per tutti
babbo era un brav'uomo
ogni tanto beveva allungava le mani
no no no no caro mio, oggi sei un po' confuso
si, è così, è sicuramente così
ci voleva bene
tremila euro tremila euro un sistema d'allarme con il telecomando
con tutto quello che sta succedendo
uno non è più sicuro neanche quando va a fare la spesa
ah perché non siamo mica noi i pazzi
sono loro, sono loro
ma cosa fanno questi? come vivono questi?
sanno solo fare figli, disgrazie e figli, schifezze e figli
ah, non siamo mica noi i pazzi
sono loro che devono starsene a casa come faccio io
così si risolve
ah beh, certo, magari anche io faccio schifo
ma qui dentro dentro casa mia
nessuno mi vede non ho mai fatto male a una mosca
non si è mai lamentato nessuno
i miei vicini sanno a malapena che esisto!
si è vecchio trito e ritrito ma mi ha sempre divertito
io cadrei subito con questa pancia.
e invece loro ma tu guarda loro non cadono mai
tò, ma quella è la mutanda.
secondo me oggi vince la squadra delle bionde
oh, finalmente il momento musicale
con l'orchestra dal vivo e il medley latinoamericano
quant'è bello questo ritmo
che ricordi questa melodia
la fischiettava sempre zio Giovanni alle vendemmie
è passata una vita
ma quant'è bella
mi vien voglia di ballare anche da solo
di muovermi e di sudare
ma guarda il pubblico
tutti quanti in piedi a battere le mani e cantare
cantano tutti ballano tutti ridono tutti
lo psicologo le vallette il meteorologo il giornalista i calciatori il consigliere comunale
ballano tutti cantano tutti si passano il microfono da mano in mano
e poi il trenino, oh il trenino
come a capodanno no?
l'anno scorso a mezzanotte già dormivo!
gira il trenino
ordinato sempre in tondo
neanche un passo fuori posto
scende il pubblico dalla gradinate
e si unisce alla carovana
l'orchestrina incalzante
ora attacca con la macarena
mani avanti mani indietro
sulla testa sopra i fianchi
scrollatina e balzo avanti
quanti sono sono cento
le telecamere non si lasciano sfuggire un movimento
e salutano chi sta a casa i parenti i colleghi i conoscenti
chissà come son contenti ed invidiosi
dieci giri venti giri dello studio in fila indiana
ordinati e rumorosi
educati e a culo fuori come vacche come buoi
ora imboccano i corridoi
gialli al neon e deserti
li immaginavo un po' diversi
filano dritti precisi coordinati
neanche un passo fuori tempo
mani avanti mani indietro
si spalancano i cancelli
attraversano il cortile
vanno fuori è quasi sera
sulla testa sopra i fianchi
ordinati in fila indiana abbandonano gli studi
scrollatina e balzo avanti
educati e rumorosi
ora sfilano davanti al Colosseo
mani avanti mani indietro
oltre il Pincio e il Quirinale
sulla testa sopra i fianchi
sono qui alla Garbatella
sono qui nel mio quartiere
quello è Luca il macellaio
ma cosa fa? si è chiuso dentro!
scrollatina e balzo avanti
la parrocchia di don Mario
il campetto l'oratorio
mani avanti mani indietro
come mai non c'è nessuno in piazza Biffi?
mi ricordo i pomeriggi
e gli scherzi a Pompolini
non lo vedo da trent'anni
sulla testa sopra i fianchi
il ginnasio in Via dei Servi
che bei tempi
lì vicino c'abitava Paolo Neri il secchione
s'è sposato la cugina
hanno messo pure al mondo dei figli
ma cosa potevano fare due così?
scrollatina e balzo avanti
stanno entrando in Via Manzoni
sono sempre più vicini
mani avanti mani indietro
dove sono tutti quanti
è tutto chiuso non c'è un cane
sono solo a venti metri
dieci metri cinque metri
il 39 il mio portone
lo riconosco è il mio portone
sono sotto casa mia
cosa faccio? vado anch'io?
cosa devo fare? devo scendere? devo andare?
no è partito il televoto
oggi voto oggi scelgo oggi partecipo
oggi decido io
chiudo tutto non me ne perdo neanche un minuto
oggi partecipo devo partecipare
lo diceva anche una canzone no?
lo diceva anche una canzone
la libertà è partecipazione
la libertà è partecipazione
la libertà è partecipazione
la libertà è partecipazione
cercando il proprio posto nel mondo


Vai vai
tanto non è l'amore che va via
Vai vai
l'amore resta sveglio
anche se è tardi e piove
ma vai tu vai
rimangono candele e vino e lampi
sulla strada per Destino

Vai vai
conosco queste sere senza te
lo so, lo sai
il silenzio fa il rumore
de tuoi passi andati
ma vai, tu vai
conosco le mie lettere d'amore
e il gusto amaro del mattino

Ma
non è l'amore che va via
il tempo sì
ci ruba e poi ci asciuga il cuor
sorridimi ancor
non ho più niente da aspettar
soltanto il petto da uccello di te...
soltanto un sonno di quiete domani...

Ma vai, tu vai
conosco le mie lettere d'amore
e il gusto amaro del mattino

lo so lo sai
immaginare come un cieco
e poi inciampare
in due parole
a che serve poi parlare
per spiegare e intanto, intanto noi
corriamo sopra un filo, una stagione,
un'inquietudine sottile.

Ma,
non è l'amore che va via
il tempo sì,
ci ruba e poi ci asciuga il cuor
sorridimi ancor
non ho più niente da aspettar
soltanto il petto da uccello di te...
soltanto un sonno di quiete domani...
una via di speranza insieme a te

write or die


Telefonami tra vent'anni
io adesso non so cosa dirti
amore non so risponderti
e non ho voglia di capirti
Invece pensami tra vent'anni pensami
io con la barba più bianca
e una valigia in mano
con la bici da corsa
e gli occhiali da sole
fermo in qualsiasi posto del mondo
chi sa dove
tra miliardi miliardi di persone
a bocca aperta senza parole
nel vedere una mongolfiera
che si alza piano piano
e cancella dalla memoria
tutto quanto il passato
anche linee della mano
mentre dall'alto un suono
come un suono prolungato
il pensiero che è appena nato
si avvicina e scende giù
ah io sarei uno stronzo
quello che guarda troppo la televisione !
beh qualche volta lo sono stato
importante è avere in mano la situazione
non ti preoccupare
di tempo per cambiare ce n'è
così ripensami tra vent'anni ripensami
vestito da torero
una torta in mano
l'orecchio puntato verso il cielo
verso quel suono lontano lontano
ma ecco che si avvicina
con un salto siamo nel duemila
alle porte dell'universo
importante è non arrivarci in fila
ma tutti quanti in modo diverso
ognuno con i suoi mezzi
magari arrivando a pezzi
su una vecchia bicicletta da corsa
con gli occhiali da sole
il cuore nella borsa
impara il numero a memoria
poi riscrivilo sulla pelle
se telefoni tra vent'anni
butta i numeri fra le stelle
alle porte dell'universo
un telefono suona ogni sera
sotto un cielo di tutte le stelle
di un'inquietante primavera

lunedì 23 febbraio 2015

chasms inner


sabato 7 febbraio 2015


giovedì 5 febbraio 2015

Piazza del Gesù


 di Stelvio Di Spigno
In ricordo di Filippo Viola (1980-2005)
www.leparoleelecose.it
Tutto comincia con un sogno. Non potrebbe essere diversamente. Siamo nella grande spianata della Piana di Montevergine, una vasta estensione di verde sopra la testa del Santuario della Madonna omonima, che mia madre scelse per la sua devozione al momento di battezzarmi. Visto che Stelvio è negletto dai calendari, il nome sarebbe stato Stelvio Bruno, in onore della Madonna Bruna di Montevergine, appunto. Per questo festeggio l’onomastico ogni anno il primo settembre, quando il santuario si riempie di pellegrini da tutto il sud Italia venuti per la festa annuale della Madonna Bruna. Il sogno è questo: la spianata è inondata dal sole, è una giornata di primavera, ma di una primavera all’antica, con l’odore del muschio, dell’erba, dei fiori. Di erba soprattutto. Sulla Piana ci sono le canne, l’erba è alta, a volte arriva fino al torace, a volte non ci si vede per niente. In lontananza si vedono dei ragazzi che giocano a pallavolo, fanno movimenti rapidi, sembrano felici. Ne noto uno soprattutto, sorridente: è il mio amico Filippo Viola, morto nel 2005 a 25 anni. Quando lo seppi, era il 12 dicembre del 2012. Sì, proprio il 12-12-12. Un giorno nefasto: da allora temo le coincidenze dei calendari. Ma in quella giornata così amara per me, tutto potevo immaginare tranne che avrei saputo che il mio solo amico, quello che considero il compagno unico e insostituibile della mia scapigliata giovinezza, fosse morto, e per di più suicida. Erano dieci anni che non lo sentivo. Ho traccheggiato anni prima di chiamare casa sua per avere sue notizie. L’ultima volta che uscimmo insieme era il 2003. Era febbraio. Filippo non amava la gente che si allontanava e poi si rifaceva viva per sapere come va la vita. Meno che mai digeriva quelli che si riavvicinavano per tornare a uscire con lui. Per lui, una volta che un rapporto di amicizia era finito, era finito e basta. Per me, che non l’ho mai dimenticato, proprio perché temevo una sua risposta infastidita o di cortesia fredda e senza slancio, c’è stata l’attesa. Quasi dieci anni di attesa per trovare il coraggio di prendere il cellulare e chiamare casa sua. Non lo avessi mai fatto.
* * *
La vita è fatta di ricordi e di luoghi. Il luogo dove io e Filippo ci incontrammo per la prima volta è Piazza del Gesù Nuovo a Napoli. Era una sera di ottobre del 1998. Io avevo 23 anni, lui 18. Eravamo

domenica 25 gennaio 2015

sustanza

Tornano 'e bastimenti / fosse 'a Madonna, / 'o borgo marinaro /comm'è luntano/ 'a 167/, e comme' è amaro / je stò 'e casa 'a Giugliano / faciteme passa', c'aggia parla' cu Bassolino, faciteme passa'. // voglio vede' nu film cu Totò e Peppino, voglio vede' nu film./ Dicitancello vuje ca' l'aria nun è cchiù fresca /e che calore/ Tornano 'e bastimenti,/ fosse 'o Dio,/ 'o borgo marinaro/ 'a 167/, e comme' è amaro/ Je sto 'e casa a Giugliano/ Aggia vedè 'o mare/ Aggia piglià 'o 140/ Faciteme passa' c'aggia parla' cu Bassolino/ Viene ccà/ Me fa male 'a capa /pure a me /me fa male 'a capa /pure 'a me.

giovedì 22 gennaio 2015

Poi mi calmai. Mi sciacquai la bocca e mi lavai con cura il
viso. A vederlo pallido e disfatto nello specchio inclinato sul lavandino, decisi
all'improvviso di truccarmi.
Era una reazione inconsueta. Non mi truccavo né spesso né volentieri.
L'avevo fatto da ragazza ma da qualche tempo non lo facevo più: non mi
pareva che il trucco mi migliorasse. Ma in quell'occasione mi sembrò di averne
bisogno. Presi il beauty dalla valigia di mia madre, tornai nel bagno, lo aprii, ne
estrassi un vasetto ricolmo di crema idratante sulla cui superficie era rimasta
l'impronta timida del dito di Amalia. Cancellai quella sua traccia con la mia e ne
usai con abbondanza.
Mi passai la crema sulla faccia con foga, stirandomi le guance. Poi ricorsi alla
cipria e mi velai puntigliosamente il viso.
«Sei un fantasma» dissi alla donna nello specchio. Aveva la faccia di una
persona intorno ai quaranta, chiudeva prima un occhio, poi l'altro, e su ciascuno
passava una matita nera. Era scarna, aguzza, con zigomi marcati,
miracolosamente senza rughe. Portava capelli tagliati cortissimi per ostentarne il
meno possibile il colore corvino, che del resto con sollievo andava finalmente
sbiadendo nel grigio e si preparava a sparire per sempre.
Passai il mascara.
«Non ti assomiglio» le sussurrai mentre mi davo un po' di fard. E per non
essere smentita, cercai di non guardarla.

martedì 20 gennaio 2015

memory















vito e gli altri che come era bello il muro di via diocleziano tutto attorno alla fabbrica, un muro infinito senza interruzioni fino a coroglio che dico fino coroglio, fino a cavalleggeri, e sopra i disegni i graffiti i murales che parevano una striscia di fumetto lunghissima, un libro illustrato che ogni metro giravi una pagina ma sempre un muro era che si rompeva si sbiadiva e mano mano che i disegni invecchiavano ti ricordava che dietro quel lungo treno di mura ci stava quel mostro di ferro intoccabile, inamovibile, inavvicinabile.

vito e gli altri che ogni tanto si andava all’edenlandia quando uscivano quelle diecimilalire per poterci andare, e la graffa dell’edenlandia come era buona che così buona non l’ho mai più trovata da nessuna parte, e il treno con la cappotta che poi ci si doveva baciare ma non c’era mai nessuno seduto accanto a quella giusta, e quel gioco divertente diventava un giro di urla di sfogo divertimento e di prime malinconie.
e le montagne russe che poi le hanno tolte, i tronchi, i castello e il galeone con i soffitti bassi e gli specchi deformanti, e il giro del drago che dovevi toccare quel pallone con la mano e chi ci è mai arrivato a toccarlo e quanti anni avremmo dovuto avere per riuscire a toccarlo
e non abbiamo fatto in tempo a diventare alti per toccarlo che pure l’edenlandia mo non ci sta più, e non c’è più la graffa lo sfogo, l’edenlandia che poi alla fine col braccialetto ci volevano quindiciventimilalire che mica ci potevi andare più tanto spesso

vito e gli altri a via cocchia fra i palazzi senza intonaco, e come mi piacevano quei palazzi di via cocchia senza intonaco parevano palazzi tedeschi, l’autunno spoglio del nord, invece era solo via cocchia senza mattoncini e senza intonaco che finisce dritta dritta dentro la fabbrica e per questo è un vicolo cieco. e quante volte ci sarei voluto salire sui tetti dei palazzi di via cocchia, e che panorama si doveva vedere da quei balconi, e la notte quel buio ferroso di via cocchia, della fabbrica enorme abbandonata. e come facevi a non portartelo dentro il vuoto di via cocchia.

vito e gli altri in giro con il see, il si, ‘o si, che pareva che andavi a cento all’ora e che a pensarci oggi a spingerlo al massimo faceva la metà di un motorino modificato, il si che costava poco e che mo lo usano solo i ragazzi dei negozi, il si che mo lo tengono solo i poveri immigrati che come noi se poi rimani a piedi rimangono sempre i pedali, il si che pareva che chi sa dove andavi e alla fine sempre là stavi, il si che si regalava pure a dieci anni, ma basta che non esci dal quartiere, che giri intorno a vuoto, come fanno tutti

vito e gli altri a finire metal gear solid alle macchinette, coi gettoni, e quante monetine delle zie delle nonne si consumavano in quelle macchinette, che una volta mio cugino lo ha finito tutto quanto il gioco con un solo gettone, che è riuscito a non morire mai.

vito e gli altri che nisida è solo una cosa che si può vedere da fuori, o se fai un guaio, certo.
nisida che attaccata da una strada che pare un filo che è un muro, nisida che ti fai il bagno a scavalcare il muro e gli scogli a sinistra e pensi di stare a posillipo ma è nisida lato sinistro, nisida che se ti fermi a guardare prima di tuffarti al lato destro vedi la fabbrica e vedi le onde grigie e non ti tuffi più, nisida che fa troppo caldo per non tuffarsi anche se è il lato destro
nisida che l’acqua sporca non conosce mura

vito e gli altri a cavalleggeri, cavalleggeri quartiere di vecchi e caserme abbandonate, cavalleggeri bagnoli senza il mare, cavalleggeri lo scippo facile al mercatino, fuori alla posta la pensione
vito e gli altri quando ti acchiappano, l’istituto, i giudici che tanto dieci quindici diciotto anni sono la stessa cosa

vito e gli altri che poi ti abitui a tutto

vito e gli altri che poi che fa, che poi alla fine se muori, muori, tanto a te che te ne fotte più

lunedì 19 gennaio 2015

settant'anne 'e cammenate


Pino Daniele, chi tene 'o mare, 1979

Raffaele Viviani, Chi ha fatto ammore a Napule, 1944

Guarda 'a ccà 'ncoppa Napule
e doppo dimme che paravisiello
'E vvarche 'e pesca passano
cu 'e lume a prora, 'a parte d'o Castiello

Sient, dint'o silenzio
'a botta 'e rimmo quanno taglia 'o mare
E vocano e se sperdono
assieme 'e vuzze 'e vvoce 'e marenare

'E stelle e 'e lume tremmano
comme a stu core mio tremma stasera
e a mmare tuculeano
tutt'e fanale e 'e lume d'a riviera

e io guardo stu spettacolo
e smanio e chiagno e m'arricordo 'e te
chi ha fatto ammore a Napule
chesta serata nun 'a pò vedè
.....
Stasera 'o mare 'e Napule
nennella mia, pare addurmuto e stanco
Ccà ce venette giovane
primm' 'e tenè qualche capillo bianco

Cenette dint'a n'angolo
tutt'appartate cu nisciuno attuorno
cchiù chello ca lassavamo
e spisso 'o cunto se chiammava a gghiuorno

'E lume e 'e stelle tremmano
comme 'stu core mio tremma stasera
Che friddo dint'all'anema
a 'a sera è calma: stammo a primmavera

E io guardo chesta tavula
e smanio e chiagno e m'arricordo 'e te
E penso 'mpallidendome
ca nun m'e ddato manco 'e te vedè
......
Stasera 'o mare 'e Napule
sceta st'ammore che è na vita 'e bene
e 'o sangue me fa sbollere
me mette 'ncore n'ata vota 'e ppene

Nennella è n'ata femmena
io so n'at'ommo: e ancora sofferenza
Na scappatella 'e ggiovane
ca m'ha turbato tutta n'esistenza

'E lume e 'e stelle tremmano
comme stu core mio tremma stasera
ritorna 'o desiderio
ma tu nun siente st'ultima preghiera

E io guardo 'o mare 'e Napule
e smanio e chiagno e m'arricordo 'e te
Chi ha fatto ammore a Napule
stasera 'a luna nun l'add'a vedè

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a Ciro che sognava ISF, quel lampione quella sera a Spaccanapoli, a quell'amico che non conosco

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Pino Daniele - cammina cammina, 1977


Raffaele Viviani, Cammenata, 1944

cammenata, cuntannete 'e passe
te siente
nu niente
pe' miez 'a città

pe na via, primma 'a piglie, pò 'a lasse
e 'o pede
te cede
te siente 'e mancà

cammine, cammine, cammine
tra tanta vetrine
cu robba 'e magnà
uocchie chine
stentine vacante
ma quante ma quante
ca vanno 'accattà

e sta folla che trase e che ghiesce
cu 'e cuoppe d'o pesce
cu 'a carne cu 'o vino
te passa vicino
ma senza guardà

comm è bella sta salumeria
ce truove uno 'e tutto
salame presutto
formaggio buatte
sacicce paisane
e pò 'e muzzarelle nustrane
ca sghizzano latte

e cammine, cammine, cammine
ma ll'ati vvetrine
te fanno scappà
e tu pienze avveluto che fatto
pe sta a chistu stato
che rè nu piatto
cu 'o ppoco 'e magnà?

è na colpa che 'e fatto sta guerra?
te ce hanno mannato
era meglio a fernì sotto terra?

grattaciele d'e grande putiente
'a ggente
cuntenta
p'o munno ce sta
ma pò contate tutte 'e scuntiente
ca campano 'e stiente
nè sanno arrubbà

chella è n'arte si si 'ntelligente
si no nun faje niente

'a madonna te vede, te vede
ma quanno pruvvede?
chesto se chiamma campà?

cammenata, cuntannete 'e passe
te sient
nu niente
pe miez' 'a città

mercoledì 14 gennaio 2015

una vita postdatata

..e rintanarsi in qualche pizzeria al chiuso sognando l'estate, Licola, la Birreria Peroni, con lo stereoOtto di Mario Musella e degli Showmen e che cazzo di voce che c'ha questo Mario Musella, lui americano d'origine, però bianco a differenza di James Senese che è nero e che suona pure due sassofoni contemporaneamente...
E quando gli Showmen vinsero il Cantagiro non c'era una macchina che non avesse lo stereo con Un'ora sola ti vorrei e non c'era Jukebox che non suonasse la stessa. E tutti stringevano i loro beniamini, figli di questa inutile e persa periferia che avevano toccato con mano il cielo della felicità, della gloria, del successo...E non c'era fidanzato che non regalasse alla sua morosa Mi sei entrata nel cuore e gliela cantava mentre passeggiavano sul corso, mentre andavano a prendere un gelato o si appartavano al buio delle stradine ancora verdi di periferia.
E nessuno poteva sapere che poi gli Showmen si sarebbero sciolti e che Mario Musella sarebbe morto di tristezza, ipocondria, cirrosi e malinconia e intanto Un'ora sola ti vorrei si sentiva sempre meno e gli stereoOtto diventavano stereoSette e la periferia s'allargava, e già diventava un pò città..

martedì 6 gennaio 2015


'O Giò che voglia 'e te vedè
me manca assaje 'na cumpagnia
mo nun sò buono cchiù a parlà
e nun conchiure mai
i got the blues
i got the blues on me
'o Giò i' forse nun torno cchiù
'e cammenate senza Dio
purtavo 'o tiempo e ce parlavo 'acoppa
e sotto sotto stevemo bbuono accussì
i got the blues on me
i got the blues accussì

venerdì 2 gennaio 2015

Up