sabato 8 marzo 2014

inlectura

È follia intrattenere la Madonna.
Ella è quel nulla che noi siamo.
E se la voce la espropria, la figura, è perché noi preghiamo devotamente.
La devozione è quell’affanno misero di che la nostra preghiera ansima e se ne muore.
E, addolorata, trista conseguenza, la Madonna ci appare.
Mortificata nel pettegolezzo,
la nostra voce ha le sue visioni.
E son queste visioni che il dire musicale riconverte nella implosione buia della voce,
così che noi parliamo la Madonna
nostra signora delle mancanze beate.
Sono apparso è un indicibile verbo passivo
sono detto
sono io quella signora.

Spegnete le lampade,
quanto stiamo per dire è di argomento teologico
da 22 anni ho scelto l'arte della santità,
la mia frequentazione masochistica del palcoscenico
è sempre avvenuta nel segno dell'antirappresentazione
dell'assenza.
Ho perseguito la sospensione
la fine del tragico come fine della volgarità della tragedia
come rifiuto del conflittuale sulla scena
la negazione dell'immagine
la concentrazione sulla parola
come atto di amore
e non c'è altro amore che amore di Dio.
L'amore è solo nella parola
nel suono della voce
a patto che nel dire non vi sia altra velleità
non vi sia mai altro puntiglio che il dire stesso
e ancora la negazione della catarsi
la negazione e la frantumazione dell'io
verificatosi nella mancanza di Dio
la nostalgia
il narcisismo come tentativo disperato di arrestare il divenire.
Il poeta e il musico che porta la parola del poeta non si rivolge ai cittadini
ma all'altro
sapendo quanto gli manca Dio