L'immaginazione del secolo XVIII è
ricca di figure sospese per aria. Non per nulla agli inizi del secolo
la traduzione francese delle Mille e una Notte di Antoine Galland
aveva aperto alla fantasia occidentale gli orizzonti del meraviglioso
orientale: tappeti volanti, cavalli volanti, geni che escono da
lampade. Di questa spinta dell'immaginazione a superare ogni limite,
il secolo Xviii conoscerà il culmine col volo del Barone di
Munchausen su una palla di cannone, immagine che nella nostra memoria
si è identificata definitivamente con l'illustrazione che è il
capolavoro di Gustave Doré. Le avventure di Munchausen, che come le
Mille e una Notte non si sa se abbiano avuto un autore, molti autori
o nessuno, sono una continua sfida alla legge della gravitazione: il
Barone è portato in volo dalle anatre, solleva se stesso e il
cavallo tirandosi su per la coda della parrucca, scende dalla luna
tenendosi a una corda più volte tagliata e riannodata durante la
discesa. Queste immagini della letteratura popolare, insieme a quelle
che abbiamo visto della letteratura colta, accompagnano la fortuna
letteraria delle teorie di Newton. Giacomo Leopardi a quindici anni
scrive una storia dell'astronomia di straordinaria erudizione, in cui
tra l'altro compendia le teorie newtoniane. La contemplazione del
cielo notturno che ispirerà a Leopardi i suoi versi più belli non
era solo un motivo lirico; quando parlava della luna Leopardi sapeva
esattamente di cosa parlava.