"..Per sopportare una caduta bisogna conservare una
struttura, bisogna cioè proporre il corpo in una serie di posture e di
geometrie in grado di assorbire gli urti e riproporre l'energia per il
movimento, bisogna grosso modo essere come una palla da biliardo.
Questo sarà il cinema e la vita di Buster Keaton: essere
lanciati, come una palla su un tavolo da biliardo, come un bambino su una rampa
di scale, costretti a straordinarie geometrie per non rimanere stecchiti e
sottoposti a un sistema di attrazione e forze repulsive fondato su desideri,
relazioni di potere, addensamenti e sottrazione di corpi, il tutto ritmato
dalle macchine.
Quello che però Keaton scopre nelle sue cadute è che
l'abilità non basta: mentre ruzzoli via la scala si smonta, ti viene dietro. Il
sistema non regge! Le macchine perdono i bulloni, le case crollano sotto il
vento, le sposine fuggono e ritornano, e tutta la devastante stupidità dello
stile di vita americano emerge come un incubo tragicomico dal quale non ci si
può tirare fuori.
Il personaggio di Keaton è come un punto minuscolo inglobato
in un ambiente immenso catastrofico e trasformabile: vasti paesaggi che
cambiano e strutture geometriche deformabili, rapide e cascate, grandi navi
alla deriva del mare, città spazzata via dal ciclone, treni su ponti che
crollano.
E in tutto questo c'è il cinema che cerca di proporre
un'immagine meno traballante della realtà, un'immagine invitante che lo
spettatore cerca di tirare fuori, ma la rottura degli argini dello schermo
porterà ad un esondazione capace solo di rendere il tutto più scivoloso."