Alcune persone si stavano avvicinando alla macchina. Chi erano ? Erano dimostranti, anarchici, qualunque cosa fossero, una forma di teatro di strada o esperti in atti di vandalismo. La macchina era circondata, naturalmente, assediata dalla paralisi, con altre macchine su tre lati e il quarto lato a ridosso della biglietteria. Vide Torval affrontare un uomo armato di un mattone. Lo stese con un destro. Un gesto che Eric decise di ammirare. Poi Torval lo guardò. Un ragazzino sullo skateboard sfrecciò accanto a loro, saltando sul parabrezza di un'auto della polizia. capìva perfettamente cosa voleva da lui il capo della sicurezza. I due uomini si fissarono a lungo con aria minacciosa. Poi Eric si calò dentro l'abitacolo e chiuse il tettuccio. In Tv aveva più senso. Versò due bicchieri di vodka e si misero a guardare, fidandosi di ciò che vedevano. Si, era una manifestazione di protesta, spaccavano vetrine di grandi magazzini e liberavano battaglioni di topi nei ristoranti e nelle hall degli alberghi. Figure mascherate correvano avanti e indietro sul tetto delle auto, lanciando fumogeni contro i poliziotti. Lo slogan si sentìva più chiaramente, adesso, trasmesso dalle antenne paraboliche montate sui furgoni delle Tv e filtrato dal frastuono di sirene e allarmi. Uno spettro si aggira per il mondo, gridavano. Si stava divertendo. Adolescenti in skateboard ricoprivano di graffiti le insegne pubblicitarie sulle fiancate degli autobus. Il topo di polistirolo si era rovesciato e i poliziotti procedevano in file serrate dietro scudi di plastica. La Tv mostrava primi piani di volti irritati dai gas urticanti
. Lo zoom riprese un uomo che si gettava con il paracadute dalla cima di una torre li accanto. Paracadute e uomo erano anarchicamente rosso-neri, e l'uomo esibiva il pene dipinto con gli stessi colori. La macchina veniva sbatacchiata avanti e indietro. I fucili spararono candelotti lacrimogeni e i poliziotti si gettarono in mezzo alla folla, il volto coperto da maschere con doppia camera di filtraggio uscite da un fumetto letale. - Tu sai cosa produce il capìtalismo. Secondo Marx e Engels. - I suoi seppellitori, - disse lui. - Ma questi non sono i seppellitori. Questo non è altro che il libero mercato. Questa gente è un'invenzione del libero mercato. Non esistono fuori dal mercato. Non possono starne fuori. Non esiste un fuori. La telecamera seguì un poliziotto che rincorreva un giovane in mezzo alla folla, un'immagine che sembrava allontanarsi sempre più dal presente. - La cultura del mercato è totale. Questi uomini e queste donne sono un suo prodotto. E sono necessari al sistema che disprezzano. Gli forniscono energia e definizione. Sono manovrati dal mercato. Vengono scambiati sui mercati mondiali. È per questo che esistono, per rinforzare e perpetuare il sistema. Guardò la vodka oscillare nel bicchiere di Kinski mentre la macchina dondolava avanti e indietro. C'erano dimostranti che picchiavano contro il cofano e i finestrini. Vide Torval e le guardie del corpo spazzarli via dallo chassis. Pensò per un attimo al tramezzo dietro l'autista. Aveva un'intelaiatura di cedro in cui era inserito un frammento di scrittura cufica ornamentale su pergamena, tardo decimo secolo, Bagdad, inestimabile. Lei strinse la cintura di sicurezza. - Devi capìre. Lui disse: - Cosa? - Più l'idea è visionaria, e più gente si lascia dietro. Questo è il succo della protesta. Visioni di tecnologia e ricchezza. La forza del cybercapìtale che manderà la gente a morire nelle fogne in mezzo al vomito. Sai qual è il difetto della razionalità umana ? Lui disse: - Quale? - Che finge di non vedere l'orrore e la morte con cui si concludono le sue macchinazioni. Questa è una protesta contro il futuro. Vogliono tenere a distanza il futuro. Vogliono normalizzarlo, impedirgli di sommergere il presente. C'erano macchine in fiamme lungo la strada, metallo sfrigolante e scoppiettante, e figure inebetite che vagavano al rallentatore, tra ondate di fumo, in mezzo alla massa di veicoli e corpi, e dappertutto altri che correvano, e un poliziotto a terra, genuflesso, davanti a un fast food. - Il futuro è sempre qualcosa di integro e uniforme. Nel futuro saremo tutti alti e felici, - disse lei. - Ecco perché il futuro fallisce. Fallisce sempre. Non potrà mai essere il luogo crudele e felice in cui vogliamo trasformarlo. Qualcuno scagliò un bidone dell'immondizia contro il lunotto posteriore. Kinski trasalì, ma in modo impercettibile. Poco più a ovest, sull'altro lato di Broadway, i dimostranti costruivano barricate con copertoni in fiamme. Sin dal principio era sembrato che avessero un piano, una meta prestabilita. I poliziotti sparavano proiettili di gomma in mezzo al fumo, che cominciava ad alzarsi fin sopra i cartelloni pubblicitari. Altri poliziotti si fermarono li accanto, per aiutare l'unità di sicurezza a proteggere la macchina. Eric non sapeva come si sentìva davanti a questo. - Quando capìremo che l'era globale si è ufficialmente conclusa ? Eric aspettò. - Quando le limousine allungate cominceranno a sparire dalle strade di Manhattan. Alcuni uomini stavano orinando contro la macchina. Alcune donne lanciavano bottiglie piene di sabbia. - Questa è rabbia controllata, direi. Ma cosa succederebbe se sapessero che dentro la macchina c'è il boss della Packer capìtal? Kinski aveva parlato in tono maligno, con una luce negli occhi. Gli occhi dei dimostranti brillavano in mezzo alle bandane rosse e nere che portavano sul viso e sulla testa. Eric li invidiava? I finestrini antiproiettile erano segnati da crepe sottili, e forse pensava che gli sarebbe piaciuto essere là fuori, a fracassare e distruggere. - Lavora con te, questa gente. Agisce in base alle tue premesse, - disse lei. - E se ti uccideranno sarà solo perché tu glielo permetterai, con la tua mite acquiescenza, per enfatizzare ancora di più l'idea che ci domina tutti. - Quale idea ? Il dondolio si fece più intenso, e lui la guardò seguire il bicchiere da una parte all'altra prima di riuscire a bere. - Distruzione, - disse lei. Su uno schermo vide alcune figure scendere lungo una superficie verticale. Ci mise un po' a capìre che si stavano calando giù per la facciata dell'edificio di fronte, dove scorrevano le notizie di borsa. - Sai cosa hanno sempre sostenuto gli anarchici. - Si. - Dimmelo, - disse lei. - L'impulso di distruzione è un impulso creativo. - Questo è anche il marchio di fabbrica del pensiero capìtalista. Distruzione forzata. Le vecchie industrie vanno rigorosamente eliminate. I nuovi mercati vanno rivendicati con la forza. I vecchi mercati vanno risfruttati. Distruggere il passato, creare il futuro. Il suo sorriso era impenetrabile, come al solito, e un piccolo muscolo le guizzava all'angolo della bocca. Non era solita manifestare simpatie o avversioni. Eric aveva sempre creduto che non ne fosse capace, ma adesso pensò che forse si era sbagliato. Stavano ricoprendo la macchina di vernice spray mentre eseguivano piroette con lo skateboard. Sull'altro lato della avenue gli uomini appesi in cordata cercavano di sfondare le finestre con i piedi. La torre portava il nome di una grossa banca d'affari, scritto a caratteri sobri sotto un'enorme mappa del mondo, e le quotazioni di borsa danzavano nella luce calante. Ne avevano arrestati parecchi, gente di quaranta nazionalità diverse, teste insanguinate, passamontagna in mano. Non volevano mollare il passamontagna. Vide una donna togliersi il passamontagna, strapparselo via imprecando, mentre un poliziotto le pungolava le costole con il manganello, e farlo oscillare all'indietro, colpendo la visiera dell'elmetto mentre uscivano dal campo della telecamera, e tutti gli schermi sussultarono al sollevarsi dell'auto. D'un tratto scorse la propria immagine trasmessa in diretta dallo schermo ovale sotto la spycam. Passarono alcuni secondi. Si vide sussultare spaventato. Passò altro tempo. Si sentìva sospeso, in attesa. Poi ci fu un'esplosione, cupa e fragorosa, abbastanza vicina da consumare tutte le informazioni intorno a lui. Un sussulto di spavento. Subito diffuso in tutta la folla. La frase faceva parte del gesto, l'espressione familiare, tradotta nel movimento della testa e degli arti. Un sussulto di spavento. La frase riecheggiava nel corpo. La macchina smise di oscillare. C'era una diffusa sensazione di raccoglimento. Adesso tutti quanti là fuori erano vincolati a un secondo livello di scontro. La bomba era scoppiata proprio davanti alla banca d'affari. Un altro schermo mostrò una scena nebulosa, figure che correvano a velocità digitale lungo un corridoio, una corsa balbettante, con readout di decimi di secondo. Erano le riprese delle telecamere di sorveglianza della torre. I dimostranti stavano assaltando l'edificio, avventandosi tra la folla accalcata all'ingresso e conquistando ascensori e corridoi. La battaglia riprese all'esterno, la polizia dirigeva gli idranti contro le barricate in fiamme e i dimostranti intonavano di nuovo i loro slogan, animati, con nuove riserve di coraggio e forza morale. Ma sembrava che avessero finito con la sua macchina, finalmente. Lui si girò a guardare gli schermi. La prima fila del display elettronico sull'altro lato della avenue mostrava il seguente messaggio: uno spettro si aggira per il mondo -lo spettro del capìtalismo Riconobbe la variazione sulla famosa prima frase del Manifesto del Partito Comunista in cui lo spettro del comunismo si aggirava per l'Europa, intorno al 1850. Erano confusi e irragionevoli. Ma sentì crescere la propria ammirazione per l'ingegnosità dei dimostranti. Aprì il tettuccio e cacciò fuori la testa in mezzo a fumo e gas, nell'aria satura dell'odore di gomma bruciata, e si sentì un astronauta giunto su un pianeta di puro fiato. Era corroborante. Una figura in casco da motociclista montò sul cofano e cominciò a strisciare sul tetto dell'auto. Torval allungò un braccio e lo tirò giù. Lo scaraventò a terra, lasciandolo alle guardie del corpo. Dovettero usare un manganello elettrico per abbatterlo, e il voltaggio lo spedi in un'altra dimensione. Eric notò a malapena il crepitio e l'arco voltaico che superava lo spazio fra gli elettrodi. Stava guardando il secondo display entrare in funzione, le parole che scorrevano da nord a sud. IL TOPO DIVENTÒ L'UNITÀ MONETARIA Gli ci volle un momento per assimilare le parole e identificare il verso. Lo conosceva, naturalmente. Era tratto da una poesia che aveva letto di recente, una delle più lunghe che avesse deciso di analizzare, un verso, mezzo verso dalla cronaca di una città sotto assedio. Era esilarante starsene li, con la testa in mezzo al fumo, a guardare la battaglia e la devastazione intorno a sé, gli uomini e le donne intossicati dai gas che sventolavano magliette saccheggiate nella sede del Nasdaq in atteggiamento di sfida, e rendersi conto che avevano letto la stessa poesia che aveva letto lui. Tornò a sedersi per il tempo necessario a estrarre un telefono web e trasmettere l'ordine di acquistare altri yen. Stava prendendo in prestito quantità sbalorditive di yen. Voleva tutti gli yen del mondo. Poi mise di nuovo fuori la testa per guardare le parole saltare ripetutamente lungo la lucida facciata grigia. I poliziotti si lanciarono al contrattacco della torre, guidati da un'unità speciale. Gli piacevano le unità speciali. Portavano caschi antiproiettile e impermeabili scuri, uomini con armi automatiche che erano scheletri di fucile, tutti intelaiatura e niente rivestimento. Qualcos'altro stava accadendo. Ci fu un salto, una crepa nello spazio. Ancora una volta non era sicuro di ciò che vedeva, a soli trenta metri di distanza eppure inverosimile, delirante, un uomo seduto sul marciapiede a gambe incrociate, tremante in un intreccio di fiamme. Era abbastanza vicino per vedere che l'uomo portava gli occhiali. Un uomo stava bruciando. La gente si allontanava piegata in due o si portava le mani al volto, si girava e si rannicchiava e cadeva in ginocchio, oppure gli passava davanti ignara, correva via in mezzo al fumo e al trambusto senza accorgersi di nulla, o guardava impietrita, con le membra molli e la faccia rotonda e istupidita. Quando si alzò il vento, una raffica improvvisa, le fiamme divennero più basse e piatte ma l'uomo rimase rigido, con la faccia intatta, e videro gli occhiali fondersi con i suoi occhi. Cominciò ad alzarsi un lamento. Un uomo gemeva in piedi. Due donne gemevano sedute sul marciapiede. Si coprirono la testa e il volto con le braccia. Un'altra donna voleva spegnere il fuoco ma riusci solo ad avvicinarsi abbastanza da sventolare la giacca in direzione dell'uomo, attenta a non colpirlo. Si dondolava piano, e la testa bruciava indipendentemente dal corpo. Ci fu una pausa nelle fiamme. La camicia dell'uomo fu assunta, accolta spiritualmente nell'aria sotto forma di brandelli di materia fumante, e la pelle si annerì e si ricoprì di bolle e adesso si cominciava a sentìrne l'odore, carne bruciata mista a benzina. Accanto al ginocchio aveva una tanica in fiamme, che si era incendiata insieme a lui. Non c'erano monaci salmodiami in tonaca color ocra né suore in grigio screziato. Sembrava che avesse fatto tutto da solo. Era giovane oppure no. Aveva compiuto la sua scelta in base a una lucida convinzione. Volevano che fosse giovane e spinto da una convinzione. Eric era sicuro che lo volessero anche i poliziotti. Nessuno voleva uno squilibrato. Disonorava la loro azione, il loro rischio, tutto il lavoro che avevano fatto insieme. Quell'uomo non era mai stato l'ospite temporaneo di una stanza imbottita a causa di qualche crisi nervosa o di voci che gli parlavano nella testa. Eric voleva immaginare il suo dolore, la sua scelta, la volontà abissale a cui era dovuto ricorrere. Cercò di immaginarselo a letto, quella mattina, mentre lanciava un'occhiata obliqua alla parete e si dirigeva con il pensiero verso quel momento. Era dovuto entrare in un negozio a comprare una scatola di fiammiferi ? Si immaginò una telefonata a qualcuno lontano, una madre o un'amante. I cameramen partirono all'assalto, abbandonando l'unità speciale che stava riconquistando la torre sul lato opposto della strada. Raggiunsero l'angolo correndo, uomini robusti dalle anche scattanti, con le telecamere sobbalzanti sulle spalle, e circondarono l'uomo in fiamme. Tornò a calarsi dentro la macchina e prese posto sul sedile pieghevole, di fronte a Vija Kinski. Nonostante i gas e le percosse, lo shock degli esplosivi, nonostante l'assalto alla banca d'affari, Eric pensò che ci fosse qualcosa di teatrale in quella protesta, di suadente, persino, nei paracadute e negli skateboard, nel topo di polistirolo, nella mossa tattica di riprogrammare la teleborsa con versi e Karl Marx. Pensò che Kinski avesse ragione a definirla un'invenzione del mercato. C'era un'ombra di transazione fra i dimostranti e lo stato. La protesta era una forma di igiene sistematica, depurante e lubrificante. Dimostrava ulteriormente, per la decimillesima volta, la forza innovativa della cultura di mercato, la sua capacità di adattarsi alle estremità flessibili, assorbendo ogni cosa intorno a sé. E adesso guarda. Un uomo in fiamme. Alle spalle di Eric l'immagine pulsava su tutti gli schermi. E tutte le azioni si erano interrotte, i dimostranti e i reparti antisommossa giravano in tondo e solo le telecamere spingevano per farsi largo. Cos'era cambiato ? Tutto, pensò Eric. Kinski aveva torto. Il mercato non era totale. Non poteva rivendicare quell'uomo o assimilare il suo atto. Troppo crudo e orribile. Era al di fuori della sua portata. Vedeva le immagini riflesse sul volto di Kinski. Era demoralizzata. Il soffitto dell'abitacolo si abbassava nella parte posteriore, e ciò conferiva autorità al sedile occupato da Kinski, che di solito era di Eric, naturalmente, e lui sapeva quanto le piacesse sedere nella poltrona di morbida pelle e scorrazzare giorno e notte per la città parlando ex cathedra. Ma era avvilita, adesso, e non lo guardava.