giovedì 12 aprile 2012
Il muro
Se mi rifiuto di considerare l’esistenzialismo solo un’ennesima moda francese o una curiosità storica, è perché credo che abbia qualcosa di molto importante da offrirci per il nuovo secolo. Io temo che stiamo perdendo la capacità del vivere la vita con passione, di assumerci la responsabilità di quello che siamo, la capacità di raggiungere dei risultati e di sentirci soddisfatti della vita.
L’esistenzialismo viene spesso trattato come una filosofia della disperazione, ma io credo che sia esattamente l’opposto.
Sartre in un intervista ha detto di non aver mai vissuto un solo giorno di disperazione. Quello che viene fuori dalla lettura di questi filosofi, non è tanto un senso di angoscia nei confronti della vita, ma al contrario una certa esaltazione del sentirsi padroni della vita stessa, siamo noi cioè a crearci la nostra vita.
Ho letto i post-moderni con interesse, perfino con ammirazione, ma quando li leggo ho sempre la sensazione molto fastidiosa che qualcosa di assolutamente essenziale venga tralasciato. Ogni volta che parli di una persona come di una costruzione sociale o come di una convergenza di forze diverse o come di un individuo frammentato oppure compatto, non fai altro che aprire le porta ad una marea di giustificazioni. Quando Sarte parla di responsabilità, non sta parlando di qualcosa di astratto, non sta parlando di quel genere di Io o di anima di cui discuterebbero i teologi, ma di qualcosa di molto concreto, come io e te che parliamo, prendiamo decisioni, facciamo cose e ne accettiamo le conseguenze.
È vero che al mondo siamo sei miliardi di persone e stiamo aumentando ciononostante quello che fai fa la differenza. Fa la differenza innanzitutto in termini materiali, fa la differenza per le altre persone e crea un precedente. Insomma io credo che da questo bisogna capire che non dobbiamo mai chiamarci fuori e pensare di essere vittime di una concomitanza di forze.
Siamo sempre noi a decidere chi siamo.