Tutto questo, tutto questo ha a che fare
con ciò di cui si dice siamo stati appena vittime:
“l'andarsene”, “il passaggio”, “il grottesco e comico
trapasso”: l'inconsistenza, l'ombra, l'inutile, l'a-parte,
l'improduttivo esistere da spiriti e da larve:
l'atu munno. Meh, la morte.
Ma tutto è succieso accussì ambressa,
accussì ambressa.
Improvviso è l'abbraccio del veloce,
repentino, l'invisibile -
'a poesia -
così strozzante e dolce è il mutamento,
che lo si sente dopo, solo dopo,
“in medias res”, così si dice, come il
sogno che è avvenuto,
si ricorda solo all'alba,
nell'amaro reale del mattino,
quando, svegli e ad occhi chiusi,
dubitanti e chin' 'e fede,
interroghiamo il cuore e le meningi
sul terrore o la felicità che hanno avuto.
Cominciamo a dissolverci, adesso.
Già torniamo.
L'insistenza in una forma non ci è data.
In fondo all'occhio e al cuore
bisogna far colare solo nebbia, e dubbio,
mai certezze, nebbia e dubbio -
'na filigrana nera, coccosa c'assumiglia
alla “posa” dissolvente d'o ccafè.
Dello stato delle cose, nuie sapimme,
che è solo tutta scumma,
sfrangiamento, orlo, bava,
scontornato perimetro gassoso
di un Impero
che, al suo Centro, ha l'Ideale,
non la Carne,
e in cui è una scommessa, un gioco,
la corsa alla Materia,
fra di noi,
l'esplodere dal dentro verso il fuori,
fra di noi,
e “a” voi,
giacchè, fango-sprofondo luminoso,
siete voi, per noi,
'n'abisso opalescente 'e forz 'e gravità,
ovverosia: distanza, distanza,
galassia bullicante al punto giusto
per una tentazione, intermittente,
'e patetico contatto,
galassia bullicante, opaca,
che anela a evaporare,
e, nell'evaporare, dall'umano,
lentamente,
agogna a scomparire.