domenica 28 dicembre 2014

perception



Qui per capirsi dobbiamo parlare di come il dolore modifica l'immagine del tempo.
L'insorgere della sofferenza annulla il tempo lineare, lo spezza, ne fa vorticosi scarabocchi. La notte dei tempi si raccoglie ai bordi dell'aurora d'oggi e di domani.
Il dolore ci sprofonda tra le antenate unicellulari, tra i borbottii rissosi o terrorizzati dentro le caverne, tra le divinità femminili ricacciate nel buio della terra, pur tenendoci ancorate - mettiamo - al computer su cui stiamo scrivendo.
I sentimenti forti sono così, fanno saltare la cronologia.

Un'emozione è un salto mortale, una capriola, una piroetta vorticosa. Quando il dolore investe, il passato smette di essere passato e il futuro smette di essere futuro, cessa l'ordine del prima e del dopo.
Anche scriverne ha questo movimento della confusione.

Mia madre mi ha lasciato un vocabolo del suo dialetto che usava per dire come si sentiva quando era tirata di qua e di là da impressioni contraddittorie che la laceravano. Diceva che aveva dentro una frantumaglia. La frantumaglia (che lei pronunciava frantummaglia) la deprimeva. A volte le dava capogiri, le causava un sapora di ferro in bocca. Era la parola per un malessere non altrimenti definibile, rimandava a una folla di cose eterogenee nella testa, detriti su un'acqua limacciosa del cervello. La frantumaglia era misteriosa, causava atti misteriosi, era all'origine di tutte le sofferenze non riconducibili a una sola evidentissima ragione.
La frantumaglia, quando ormai non era più giovane, la svegliava in piena notte, la induceva a parlare da sola e poi a vergognarsene, le suggeriva qualche motivetto indecifrabile da cantare a mezza bocca che presto si estingueva in un sospiro, la sospingeva fuori casa all'improvviso abbandonando i fornelli accesi, il sugo a bruciare in pentola.
Spesso la faceva anche piangere e il vocabolo mi è rimasto in mente dall'infanzia per definire innanzitutto i pianti improvvisi e senza una ragione consapevole: lacrime di frantumaglia.
La frantumaglia è il deposito del tempo senza l'ordine di una storia, di un racconto. La frantumaglia è l'effetto del senso di perdita, quando si ha la certezza che tutto ciò che ci sembra stabile, duraturo, un ancoraggio per la nostra vita, andrà a unirsi presto a quel paesaggio di detriti che ci pare di vedere.