domenica 14 settembre 2014

Marco

"..Per sopportare una caduta bisogna conservare una struttura, bisogna cioè proporre il corpo in una serie di posture e di geometrie in grado di assorbire gli urti e riproporre l'energia per il movimento, bisogna grosso modo essere come una palla da biliardo.
Questo sarà il cinema e la vita di Buster Keaton: essere lanciati, come una palla su un tavolo da biliardo, come un bambino su una rampa di scale, costretti a straordinarie geometrie per non rimanere stecchiti e sottoposti a un sistema di attrazione e forze repulsive fondato su desideri, relazioni di potere, addensamenti e sottrazione di corpi, il tutto ritmato dalle macchine.
Quello che però Keaton scopre nelle sue cadute è che l'abilità non basta: mentre ruzzoli via la scala si smonta, ti viene dietro. Il sistema non regge! Le macchine perdono i bulloni, le case crollano sotto il vento, le sposine fuggono e ritornano, e tutta la devastante stupidità dello stile di vita americano emerge come un incubo tragicomico dal quale non ci si può tirare fuori.
Il personaggio di Keaton è come un punto minuscolo inglobato in un ambiente immenso catastrofico e trasformabile: vasti paesaggi che cambiano e strutture geometriche deformabili, rapide e cascate, grandi navi alla deriva del mare, città spazzata via dal ciclone, treni su ponti che crollano.
E in tutto questo c'è il cinema che cerca di proporre un'immagine meno traballante della realtà, un'immagine invitante che lo spettatore cerca di tirare fuori, ma la rottura degli argini dello schermo porterà ad un esondazione capace solo di rendere il tutto più scivoloso."